Negli ultimi 12 mesi il settore dell’energia è stato investito da una crisi le cui ripercussioni si faranno sentire per diversi anni a venire. Ne hanno fatto le spese milioni di consumatori in tutta Europa, industrie ed economie domestiche, che hanno visto o vedranno crescere in maniera importante la propria fattura energetica. Le conseguenze della guerra in Ucraina sulle importazioni di gas in Germania e la prolungata indisponibilità di metà del parco nucleare francese hanno ridotto la capacità di produzione di energia elettrica dell’intero continente, provocando un’impennata dei prezzi senza precedenti che ha coinvolto anche il nostro Paese. In Ticino si è aggiunto un periodo di siccità particolarmente prolungato, che per AET ha significato la perdita di circa il 50% della produzione idroelettrica prevista per l’anno. Un ammanco compensato attraverso maggiori acquisti sul mercato a prezzi molto alti, che incideranno pesantemente sul risultato dell’esercizio dell’azienda. Chi opera a contatto con il mercato dell’energia elettrica sa che la situazione venutasi a creare non è legata al solo scoppio del conflitto in Ucraina, ma è sintomo di un problema sistemico più profondo che interessa l’attuale modello di approvvigionamento energetico e va affrontato il più presto possibile con misure strutturali di medio e lungo periodo ma, soprattutto, pragmatiche. Politica, mondo economico e privati cittadini hanno temporeggiato nell’avvio della trasformazione del sistema di approvvigionamento, abituati ad un mercato che offriva energia a costi bassi impedendo di percepire il suo reale valore. Quanto successo nell’ultimo anno ci insegna che, al contrario, l’energia è un bene scarso, da impiegare in maniera consapevole ed efficiente, al fine di stabilizzarne i costi e contenerne l’impatto economico. Giovanni Leonardi, Presidente del CdA AET
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